La pandemia dei social

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    la grande solitudine globale di cui parlano i sociologi

     La rivoluzione digitale di cui siamo tutti soggetti ed oggetti, ci ha reso sempre più potenti almeno nell’immaginario collettivo, veloci nella realizzazione dei desideri che diventano quasi padroni della nostra determinazione. Anzi, se non si realizzano come e quando vogliamo, essi producono la reazione inversa: insoddisfazione, smarrimento, frustrazione e, perché no, rabbia.

    Ci sentiamo colpiti nel delirio di onnipotenza che nel presente si manifesta come realizzazione istantanea di quello che vogliamo.

    Scopriamo, quasi in un delirio di smarrimento di non essere tanto diversi dai nostri figli ai quali abbiamo trasmesso il convincimento che al progresso tecnologico, ai beni ad esso collegati, al senso di comfort che esso trasmette sono legate le opportunità che l’avvenire ci riserva.

    E così è capitato che tre giovani, uno dei quali alla guida di una potente macchina che si è trasformata in un’arma, abbiano travolto nel loro stralunamento di una vita in diretta sui social una macchina con a bordo una madre e i suoi due piccoli figli, uccidendone uno.

    Potremmo commentare l’episodio accusando dell’atrocità il destino cinico e baro che ha fatto incontrare in un insolito appuntamento la vita e la morte. E questo a risolvere, eccetto che nel penale, la consumazione di un evento casuale.

    Ma questi ragazzi, che potevano essere i nostri figli, stavano compiendo una sfida, alla quale legavano il successo della loro vita. Una sfida di resistenza, una sfida di illusoria potenza, nella quale offrivano il loro ego all’imitazione degli altri.

    Va aggiunto che dietro a tutto questo c’è anche il progetto di un profitto facile, di un guadagno legato ad una sfida il cui prezzo vale la pena pagare.

    Questa è la grande solitudine globale di cui parlano i sociologi ed è la nuova pandemia che allarma.