Centro Italiano Femminile

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PRESIDENZA NAZIONALE

Autonomia, responsabilità, democrazia

14 Giugno 2024
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nota autonomia CIF

Ci sono passaggi nel nostro Statuto, o meglio alcuni articoli, che abbisognano di chiarimento pena la confusione babelica delle lingue.

Una premessa è d’obbligo: lo Statuto ed il Regolamento esprimono la dimensione sociale e aggregativa del CIF, precisano i criteri e le norme di appartenenza all’Associazione, sono il denominatore comune che configura la “personalità corporativa” della stessa. L’espressione non è semplicemente tratta dal linguaggio sociologico, bensì da quello biblico secondo il quale l’uomo è definito dalle sue relazioni e la sua partecipazione al gruppo, nonché i suoi legami comunitari, si conciliano con l’autonomia e la responsabilità personali. Per sintetizzare, sebbene malamente e grossolanamente, possiamo dire che il “gruppo” nelle associazioni rappresenta il tema dell’Alleanza (comunitaria). Per questo l’appartenenza e la definizione dell’insieme, nella tensione individuo-comunità, non sono qualificati esclusivamente dagli ordinamenti giuridici.

Veniamo al punto che particolarmente ci interessa per comprendere come conciliare la soggettività politica dell’associazione con la nostra preferenza partitica senza tirare gli articoli dello Statuto da una parte e dall’altra in appoggio di questa o dell’altra tesi.

Cominciamo dalla Premessa e dal suo secondo capoverso ove leggiamo: «Nella consapevolezza della propria autonomia e responsabilità, il CIF in collaborazione con le istituzioni pubbliche e private è impegnato fin dalle origini a dare il contributo al retto funzionamento della vita democratica e alla promozione della condizione femminile […]». Per ora fermiamoci qui, confrontando quanto sopra con il primo Statuto del CIF, che riporta lo stesso concetto. Perché, ricordiamocelo, il CIF, pensato insieme alle altre Associazioni cattoliche prima che terminasse il conflitto mondiale nel tornado causato dalle dittature, aveva ben chiaro cosa fosse una dittatura e cosa fosse la costruenda democrazia ri-compresa nelle parole ‘autonomia e responsabilità’.

Si potrebbe obiettare che da allora sono stati e, ancora sono, tali e tanti i mutamenti delle società contemporanee, che hanno anche ridefinito l’intero contesto entro cui la democrazia, come forma di governo, si trova ad operare.

Sempre più ci appare chiaro come la democrazia non sia forma assoluta e astorica bensì artificio umano, immerso nei mutamenti sociali da cui è fortemente condizionato.  Inoltre, la democrazia costituzionale, frutto della modernità matura, unisce sovranità popolare e diritti fondamentali della persona, al fine di   conciliare l’autonomia pubblica con quella privata. Si tratta di un esito storico che non rappresenta semplicemente un prodotto formale, ma anche sostanziale in quanto afferma i ‘principi’ ed in quanto è il frutto di lotte condotte da forze concrete. Per questo la democrazia costituzionale definisce il terreno comune di regole condivise e il progetto sociale e antropologico, di taglio umanistico, che va realizzato per via pacifica.

Detto questo e dentro questo contesto, vanno lette le parole del nostro Statuto sopra riportate che prospettano la coesistenza dell’autonomia e della responsabilità affinché la rappresentanza non perda di significato e non vengano meno i luoghi della partecipazione.  Qui, in questo punto, non sono in gioco le nostre preferenze partitiche, ma il livello di discernimento da esercitare pena la compromissione del rapporto che intercorre tra rappresentanza politica e i luoghi della partecipazione compresi quelli dei soggetti intermedi quali sono le associazioni.

Nel proseguire la lettura del secondo capoverso della Premessa, leggiamo che la ‘collaborazione’ di cui sopra, deve avvenire «secondo i principi di uguaglianza, solidarietà, sussidiarietà espressi dalla nostra Costituzione». Uguaglianza, solidarietà, sussidiarietà sono le categorie democratiche che determinano sia i contenuti dell’azione politica che la modalità (i mezzi) e la finalità, cioè i soggetti destinatari.

Vi è di più. Al terzo capoverso la nostra Premessa sottolinea che questo deve avvenire «in sintonia con le indicazioni del Magistero e della Dottrina sociale della Chiesa […] che l’impegno deve avere come strumento un’azione di “discernimento che consente di compire scelte operative coniugando fede e storia».

Cosa significa? Quali le conseguenze? La “sintonia”, cui è collegata l’azione di discernimento, qualifica tre aspetti:

1) quello dell’essere in perfetto accordo, con comunanza di pensieri e sentimenti (Dizionario De Mauro);

2) l’essere in armonia, in accordo, in piena corrispondenza (vedi Lc, 2:25-35);

3) la responsabilità che esprime il dovere di salvaguardare la ‘sintonia’.

E cosa sono il Magistero e la Dottrina sociale con i quali si deve essere in sintonia?

La dottrina sociale è l’annuncio di fede del Magistero di fronte alle realtà sociali. Raccolta in un compendio, tale dottrina si esprime in indicazioni, consigli ed esortazioni con cui la Chiesa incoraggia i cristiani ad essere cittadini responsabili. Con precisione Santo Giovanni Paolo II specifica ancor meglio: “Giovanni Paolo II – al quale dobbiamo la definizione più precisa che è stata data dal Magistero – afferma che essa è «l’accurata formulazione dei risultati di un’attenta riflessione sulle complesse realtà dell’esistenza dell’uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale» (Sollicitudo Rei Socialis, 41)”. Conseguentemente:

l’insegnamento sociale del Magistero non ostacola l’autonomia delle realtà terrene. Piuttosto, le interpreta per capire come adeguarle allo spirito evangelico e orientare la condotta cristiana entro, e non oltre, i limiti oltre quelli indicati dal Magistero della Chiesa.

Mettendo in fila tutti i punti dobbiamo dire che: la sintonia non è con questo o quello soggetto politico/partitico; che il giudizio rispetto all’azione di questo o quel soggetto politico/partitico deve avere come binari i principi sociali del Magistero; che dobbiamo essere in grado di leggere “i segni dei tempi” per evitare una partecipazione manipolata, passiva e rarefatta ; che non va mai rotta l’unità della Chiesa da  anteporre anche alla nostra condivisione con questa o quella azione compiuta da un soggetto partitico. Senza timore la realtà va rappresentata e letta con le lenti della Dottrina sociale e non con quelle che antepongono le questioni di consenso elettorale.

Proseguendo nella lettura all’art. 1 ultimo capoverso, è scritto: «[il CIF] è soggetto autonomo rispetto ai partiti politici e a qualsiasi altro movimento, e assume valori della democrazia nelle strutture e nell’azione».

Cerchiamo di capire bene il concetto di ‘autonomia’ che molto spesso viene confuso con il termine ‘a-partitico’ pur non essendo in nessun caso sinonimo o sovrapponibile.

Infatti, e lo cito come esempio perché è esplicativo, nella Risoluzione del Parlamento europeo del 17 febbraio 2022, recante Raccomandazioni alla Commissione su uno Statuto delle associazioni e organizzazioni senza scopo di lucro transfrontaliere europee (2020/2026(INL), si stabilisce che «un’associazione  è libera di determinare i propri obiettivi e le attività necessarie per perseguirli e che è “indipendente “nel senso che è libera da qualsiasi indebita interferenza dello Stato e non fa parte di una struttura governativa o amministrativa. A tale proposito, né ricevere finanziamenti governativi né partecipare a un organo consultivo del governo preclude a un’associazione di essere considerata indipendente, purché l’autonomia del funzionamento e del processo decisionale dell’associazione non sia influenzata da tale finanziamento o partecipazione».

È da tenere ben fermo il concetto che autonomia e indipendenza in una associazione non sminuiscono la soggettività politica ma la rendono libera da ogni interferenza esterna, indipendente da ogni empatia o simpatica partitica personale che sovrasterebbe la personalità corporativa dell’associazione, autonoma nel giudicare gli assetti della società.

Nel dopoguerra, quando nacquero le associazioni cattoliche e l’UDI, le prime, in contrapposizione alla seconda ‘costola’ del partito PCI, l’espressione “non collaterale” al partito dei cattolici (DC) definiva l’autonomia della nostra Associazione.

Scomparsi questi due soggetti storici e cambiato il quadro politico, si è preferito il termine “autonomo” con il significato di cui sopra.

L’Associazione/i pur configurandosi come soggetti politici nella società, e non potrebbe essere diversamente, nella loro azione collegiale sono tenuti al rispetto dei principi che liberamente si sono dati e che, nel nostro caso, sono quelli ricordati che figurano nella Premessa del nostro Statuto: le indicazioni del Magistero e della Dottrina sociale della Chiesa che fanno agio su qualsiasi scelta o preferenza partitica che ciascuno esprime nel segreto dell’urna.

 

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