Per prepararci al prossimo dibattito che prenderà il via in autunno ecco una scheda che presenta i modelli che presiedono alla riforma elettorale - Roma, 27 luglio 2020
Si sta riaccendendo nel Paese il dibattito attorno alla “legge elettorale” forse già in vista di una anticipazione dell’appuntamento elettorale o anche e perché no, pensando ad un cambiamento che superi l’attuale schema tripartito di governo. Precisato che per legge elettorale si intende il metodo attraverso cui si trasformano i voti espressi dalla popolazione in seggi da assegnare in Parlamento, essa non è semplice tecnicismo in quanto determina la qualità della democrazia . Forse proprio pensando a questa il capo di Governo Giuseppe Conte nell’agosto 2019 espresse la necessità per il Paese di realizzare un sistema elettorale più rappresentativo superando l’attuale Rosatellum in vigore dal 2017 che ha introdotto nel nostro paese un sistema misto, proporzionale e maggioritario.
Da quando l’Italia è una repubblica, si sono succedute ben 7 leggi elettorali passando dal proporzionale voluto dall’Assemblea costituente al maggioritario dell’attuale stagione politica.
Le famiglie entro cui si inscrivono i sistemi elettorali sono essenzialmente due:
PROPORZIONALE e MAGGIORITARIO sulla cui bontà depone il risultato che da tale scelta le forze politiche in gioco si aspettano.
Nel sistema proporzionale ogni lista vede eletti in proporzione tanti candidati quanti sono i voti ricevuti. Esso garantisce alcuni risultati:
– l’esatta fotografia della volontà dell’elettorato di una nazione
– l’incentivo ad andare a votare, poiché ciascun elettore, nella gamma dei tanti partiti che si presentano, può troverà quello che meglio crede possa rappresentarlo.
Gli svantaggi sono insiti negli stessi vantaggi:
– proliferare del numero dei partiti. Con la conseguenza prevedibile che nessuno
raggiunga la maggioranza assoluta,
– nascita di colazioni poco coese e fragili e frammentate,
– i partiti piccoli diventano l’ago della bilancia ottenendo vantaggi superiori al loro peso.
Al problema della eccessiva proliferazione delle liste il sistema proporzionale cerca di rimediare prevedendo soglie di sbarramento (3%? 5%?), che consente di avere i propri rappresentati soltanto se si raggiunge tale soglia.
Il sistema maggioritario, si fonda sulle coalizioni e, quella vincente, riceve un numero di seggi più che proporzionale ai voti ottenuti, mentre quella che perde ottiene un numero di seggi meno che proporzionale ai voti ottenuti.
Il vantaggio di tale sistema è:
– i partiti sono costretti a raggiungere accordi prima delle elezioni,
– i governi garantiti da un accordo pre-elettorale e grazie al numero ridotto di partiti che siglano l’accordo dovrebbero essere più stabili.
Gli svantaggi sono:
– esso favorisce disaffezione e l’astensionismo non dando all’elettore una gamma ampia di scelta
Il maggioritario può essere di due tipi: UNINOMINALE o PLURINOMINALE.
L’uninominale, detto anche inglese, divide il territorio in un certo numero di distretti (collegi) dove viene eletto un solo candidato per ogni lista (formulata in base all’accordo preelettorale) e viene eletto il solo candidato della lista che raccoglie il maggior numero di voti anche se non ha ottenuto la maggioranza del 50% +1.
Tale sistema contiene il rischio di offrire un aiuto troppo forte alla coalizione vincente, col rischio di indebolimento della stessa democrazia.
Nel maggioritario plurinominale, l’elettore ha a disposizione per ogni circoscrizione due o più seggi, a differenza dei collegi uninominali. Nel maggioritario uninominale la lista più votata ottiene l’intero numero di seggi, ristringendo fortemente la competizione (come in Belgio).
La variante di tale sistema consiste nel sistema maggioritario a doppio turno con ballottaggio tra più candidati in collegi uninominali nei quali gli elettori esprimono un solo voto. Viene eletto il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti al primo turno. Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta dei voti, i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti competono in un ballottaggio.
Da quanto sopra, consegue che la scelta dei sistemi elettorali –parola di M. Duverger – è quasi impossibile in quanto rivela una contraddizione insormontabile a seconda che si voglia dare voce alle opinioni degli elettori (privilegiata dal sistema proporzionale che garantisce la rappresentatività dei territori- le diverse opinioni politiche interne anche ai partiti-, la pluralità e la corposità delle liste che possono aprirsi più facilmente al genere) o alla volontà di avere governi stabili resa possibile dalla diminuzione del numero dei partiti,- governati da una forte disciplina interna -, dal sistema bipolare, da liste brevi, significative, quasi bloccate. In sostanza secondo il politologo esprimere un’opinione significa votare per il desiderabile, esprimere una volontà significa votare per il possibile.
Un passaggio storico importante:
All’interno dei lavori della Costituente due furono i punti di convergenza che non ne bloccarono i lavori:
-l’accordo sull’Odg (Dossetti) sul valore centrale della persona umana e sul principio di solidarietà che sgombrò il terreno dalla questione preliminare se la Costituzione dovesse aver o meno un comune presupposto ideologico;
-la convergenza dei partiti maggiori su altro emendamento proposto sempre da Dossetti (fatto proprio dalla prima Sottocommissione) sul ruolo centrale dei partiti politici nel nuovo assetto costituzionale col riconoscimento giuridico e l’attribuzione di compiti costituzionali. I partiti di massa (Dc e PCI), che non avevano fatto diretta esperienza di governo, nel periodo liberale e fascista appuntarono la loro attenzione sul dato politico della crisi del parlamentarismo liberale prefascista trascurando l’analisi (che fece invece la Germania) sulla responsabilità del sistema proporzionale (in vigore nel primo dopoguerra) rispetto alla nascita del fascismo. La ricostruzione della democrazia fu concepita dai partiti di massa come la ripresa di un processo interrotto più che come il ripensamento della organizzazione dello Stato. Sappiamo tutti come il primo conflitto mondiale, più noto come la Grande guerra, sia stato vissuto come la IV guerra di Indipendenza.
Come se la storia potesse essere interrotta o sospesa ma un fatto è interessante notare: i cattolici sia nello stato liberale giolittiano che nella costituente erano tutti schierati per il sistema proporzionale considerandolo l’unico che poteva garantire, come abbiamo già detto sia la rappresentanza dei territori che la diversità delle opinioni politiche. Ma anche gli altri partiti di massa del dopoguerra nella costituente condivisero queste valutazioni in quanto il sistema maggioritario voluto da Mussolini (legge Acerbo) era accusato di essere all’origine della “occupazione del parlamento” da parte del neonato partito fascista. Del resto anche in Germania era avvenuta la stessa cosa nell’abbattimento della repubblica di Weimar operato da Hitler. Gli studiosi dei sistemi elettorali condividono l’opinione che l’unico sistema elettorale iper democratico è quello proporzionale che però porta in dote la fragilità dei governi.
Conosciamo tutti l’esito negativo che hanno prodotto nel nostro Paese le diverse riforme elettorali dettate dagli interessi di bottega di questo o quel partito, questa o quella maggioranza: i governi deboli della Prima repubblica fondati su coalizioni spurie ma anche la fragilità scaturita dal maggioritario che determinò l’eterno duello tra Prodi e Berlusconi a causa della legge elettorale (Porcellum o legge Calderoli) proporzionale con premio di maggioranza e liste bloccate .
Alla base di tutto e tanto l’esasperante senso della soggettività e della identità individuale a danno dei sentimenti di appartenenza collettiva. Infatti per sua natura l’identità implica la coscienza di una relazione con gli altri. Significa che la soggettività deve essere riequilibrata dai criteri di responsabilità e di solidarietà. Occorre passare dalla democrazia dei partiti a quella dei cittadini.
Il dibattito sulla formula della legge elettorale nasconde tutto questo.