Centro Italiano Femminile

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PRESIDENZA NAZIONALE

24 Maggio 2024

Costituzione di tutti

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progetto di legge sul premierato

Ragioni addotte dalla maggioranza a giustificazione del progetto di legge sul premierato:

porre rimedio alla instabilità degli esecutivi dovuta a due cause:

  1. fragilità del potere di direzione del Presidente del Consiglio,
  2. assenza normativa costituzionale per gestione eventuali crisi di governo.
  • Assicurare continuità di indirizzo politico nell’intera legislatura,
  • difendere il principio della sovranità popolare che si esplicita nella scelta non solo dei rappresentanti parlamentari, ma anche di chi lo governa,
  • combattere il transfughismo e trasformismo parlamentare.

Per questo:

  • riguardo al p. 1 a) e b) il disegno di legge rafforza i poteri del Presidente del Consiglio legittimato dall’elezione popolare e introduce una regolazione delle crisi di Governo definendo e disciplinando le soluzioni possibili,
  • riguardo al p. 2 l’elezione dal basso del presidente del consiglio assicura sia la continuità dell’indirizzo politico di cui è garante e responsabile il presidente del consiglio in base all’elezione diretta sia la durata dei governi,
  • riguardo al p. 3 si restituisce pieno valore al voto popolare affidandogli la l scelta di chi li governerà mortificata negli ultimi anni dai governi tecnici,
  • riguardo al p. 4, i parlamentari eletti, grazie alla certezza della durata governo, non sono incentivati a cambiare casacca per aprire crisi governo.

Al contrario gli oppositori alla riforma affermano:

  • la riforma, esaltando il ruolo del presidente consiglio forte del suffragio dalla base, indebolisce la forza e l’autorevolezza del parlamento già oggi messa sotto scacco dall’abuso della potestà legislativa dei governi che esercitano un forte potere esecutivo abusando della decretazione d’urgenza e dei voti di fiducia e togliendo spazio al dibattito parlamentare,
  • la riforma produce una lesione alla rappresentatività del parlamento quale unico organo eletto a suffragio universale e allo stesso tempo crea una maggioranza al servizio del Presiedente consiglio grazie agli artifici maggioritari (premio di maggioranza) previsti nella advenienda legge elettorale,
  • a tutt’oggi non sappiamo quale legge elettorale verrà attuata e ciò impedisce di valutare appieno con quali mezzi potranno essere raggiunti gli obiettivi che i proponenti si pongono (la stabilità e la durata),
  • il premio di maggioranza, per raggiungere gli scopi che il premierato si pone, dovrà minimo attestarsi sulla soglia del 25% in modo da garantire una maggioranza di seggi a sostegno del capo del governo. Già nel gennaio 2014, con sentenza n. 1/2014, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale parziale della legge Calderoli, abrogando il premio di maggioranza e ripristinando la possibilità di esprimere un voto di preferenza.  Ma a tutt’oggi con la legge elettorale vigente e con una nuova che preveda premio di maggioranza, la maggioranza di turno potrebbe assicurarsi tutto.
  • anche la elezione del Presidente della repubblica potrebbe fare parte del bottino del partito o coalizione vincente, in quanto se il settennato dovesse scadere dopo competizione elettorale, potrebbe verificarsi un ticket modalità staffetta tra presidente consiglio uscente e presidente repubblica uscente;
  • il Presidente della repubblica sarà comunque un deus minor rispetto al presidente del Consiglio.

Sovranità e consenso elettorale

Il testo di riforma- detta del Premierato- nelle intenzioni dei proponenti intende rafforzare il ruolo del premier grazie alla sua elezione diretta dal basso costituendo il popolo come la fonte di ogni potere inducendo ad una errata comprensione del concetto di “sovranità popolare”. Come previsto dall’ art. lo 1 della Costituzione che, onde evitare la deriva plebiscitaria, detta: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Allora “sovranità” non significa che una comunità di individui in un determinato territorio sia detentrice di un potere originario su qualsivoglia competenza statale, MA che la sovranità si esercita attraverso la delega oppure attraverso lo strumento diretto del referendum o con una serie di strumenti giuridici (es. l’iniziativa di legge) che sfociano pur sempre nella delega, perché, se una legge non viene discussa da un Parlamento, non entra in vigore. La volontà del popolo non viene meno con la delega, per il semplice fatto che in democrazia – se le aspettative politiche della comunità sono ignorate – i delegati possono essere sostituiti con altri, scelti dalla comunità in base alle loro reali esigenze e ai loro interessi.

Per questo la sovranità del popolo esiste solo nei limiti e nelle forme in cui la Costituzione la organizza, la riconosce, la rende possibile ed esiste se esercitata nelle forme e nei limiti del diritto.  Infatti, l’art. lo 67 della Costituzione precisa che: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione …” e, si badi bene, non già il popolo che pure concorre alla determinazione della politica nazionale, proprio per il tramite dei partiti.

Ma c’è un altro fraintendimento cui allude il progetto di riforma e che muterebbe tutto il disegno costituzionale in quanto sovrapponendo l’idea di “sovranità” e quella di “consenso” induce un errore in un certo senso fatale per la nostra democrazia.  Infatti, il popolo grazie al voto esprime il suo consenso elettorale che nella elezione dei rappresentanti misura la forza dei partiti, esprime la diversità delle posizioni politiche, che abitano la complessità della società, e incanala il consenso, espresso verso i partiti al fine di formare la maggioranza. Per questo anche nelle democrazie “presidenziali”, il presidente eletto dimostra che su di lui converge il consenso popolare ma non che sia depositario della sovranità popolare la cui espressione fondamentale è il parlamento.  Questo almeno in democrazia perché laddove, come in Russia, il consenso elettorale è sovrapposto con sovranità popolare, si hanno le democrature: la veste moderna del potere personale assoluto.

Altro errore in cui siamo indotti è quello che deriva dall’affidare la riforma al referendum con ciò significando che il Parlamento non conta nulla e che dopo l’esito in cui si misurerà solo la forza dei partiti (cioè il consenso elettorale) la riforma non potrà più essere cambiata perché il popolo si è espresso lasciando potere al deus ex machina.

Nota a margine ma di grande importanza

Il progetto di riforma che riscrive l’articolo 92 della Costituzione trascura due questioni importantissime: la circoscrizione all’estero e il bicameralismo paritario. Due peculiarità del nostro sistema istituzionale che creano problemi non risolvibili da parte della sola legge elettorale.

Il testo della riforma se ne deve fare carico prevedendo apposite norme che diano copertura costituzionale alla disciplina elettorale ordinaria idonea a dare soluzione a quei problemi.

Riguardo alla prima questione si è sinora adottato in Costituzione un modello che, indipendentemente dal numero di elettori all’estero, garantisce loro una sorta di “diritto di tribuna”, ossia 8 seggi su 400 alla Camera e 4 seggi su 200 al Senato. Al momento gli elettori all’estero sono quasi 5 milioni, peraltro in espansione. Questa concessione deroga al principio del voto eguale (un seggio ogni 117 mila elettori delle circoscrizioni del territorio nazionale, un seggio ogni 593 mila elettori della circoscrizione Estero, un rapporto cinque volte inferiore). Pertanto, nel momento in cui si prevedesse l’elezione “a suffragio universale e diretto” del premier, i quasi circa 5 milioni di elettori all’estero conterebbero per tutti i loro voti e potrebbero determinare la vittoria di un candidato il cui schieramento potrebbe essere secondo per numero di seggi. Va pertanto individuata una soluzione. E non potendo certamente escludere gli italiani all’estero dal voto per l’elezione del premier, l’unica soluzione è quella di prevedere che l’esito delle elezioni sia determinato in base ai seggi, cioè che la vittoria e l’eventuale premio siano attribuiti al raggruppamento politico e al candidato premier ad esso collegato che abbia ottenuto il maggior numero di seggi.

Riguardo al bicameralismo paritario

Data la permanenza del bicameralismo paritario non può essere esclusa l’eventualità di un esito elettorale difforme nelle due Camere, considerata la diversità degli articoli 56 e 57 della Costituzione E c’è un solo modo: prevedere nel testo della riforma che in tale eventualità si effettui il ballottaggio, soluzione che la legge elettorale non potrebbe adottare senza che via sia una previsione costituzionale al riguardo, perché la legge ordinaria non può stabilire da sola che l’esito elettorale delle due Camere, con la conseguente attribuzione dei seggi del premio, dipenda da un unico voto.

 

 

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