una nuova strage nel Mediterraneo, 60 i migranti morti
Il nostro premier si fregia di essere una “cristiana” oltre che donna e madre, Piantedosi è sicuramente un uomo di legge, Nordio un galantuomo. Eppure…. coincidenza vuole che i morti in carcere aumentano a cadenza quasi regolare e che, dal naufragio di Cutro a quello al largo delle coste della Grecia, le tragedie in mare non si fermino. Ieri una nuova strage nel Mediterraneo, dove sarebbero almeno 60 i migranti morti su un gommone partito dalla Libia e diretto in Italia. È una strage della miseria, una guerra dell’inseguimento della speranza senza la quale la vita non è vita, un dramma che si certifica come inaccettabile sebbene in parte evitabile poiché avviene in una rotta, quella del Mediterraneo, ormai prevedibile e conosciuta in assenza di canali sicuri e legali di accesso in Europa.
Ci aspettavamo che questo chiedesse l’Italia con piglio e fermezza al tavolo dell’Europa dipinta come arcigna e matrigna: solidarietà non tanto verso il Paese di approdo, l’Italia, ma verso quei tanti, anche donne e bambini, che affrontano viaggi drammatici e rischiosi. Ora i sopravvissuti dovranno ripartire verso il porto sicuro individuato come nel decreto Piantedosi, quello di Ancona, affrontando un viaggio che sicuramente i sopravvissuti non possono affrontare. Non basta. Come nella migliore tradizione significata dall’espressione “non nel mio giardino”, facciamo accordi con l’Albania per aprire “campi” di triste memoria per togliere dal nostro sguardo ciò che ferirebbe il tranquillo scorrere delle nostre giornate affacciate sulla primavera.
Le due donne forti dell’Europa, la presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, accumunate dalla forte solidarietà femminile che ci induce a sporgerci sul crinale della “sorellanza”, si apprestano ad incontrare (il 17 marzo p.v.) in Egitto, paese noto per la situazione critica dei diritti umani, il suo presidente Abdel Fattah al Sisi, per firmare un accordo sui migranti sul modello di quello stretto con la Tunisia nel 2023. Sul tavolo della politica internazionale le due leader scommettono il loro destino politico in patria. I diritti umani possono attendere.