male italiano che va combattuto
Di nuovo bagarre tra le forze politiche. Ne è causa un emendamento inserito da un parlamentare di Fratelli d’Italia all’interno del decreto “Pnrr-quater”, approvato in Commissione Bilancio, passato alla Camera e sul quale il Governo ha posto la fiducia. Il decreto, che contiene una serie di misure per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è stato ribattezzato “quater”, essendo il quarto di questo tipo, e prevede che le Regioni possano, all’interno dei consultori, «avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità». Prima di entrare in medias res sono necessarie alcune considerazioni sul metodo seguito. Come di abitudine questo Governo abusa dei decreti omnibus che stravolgono le dinamiche di confronto parlamentare in quanto, come in una recente sentenza della Corte costituzionale contenuta nel decreto legge 73/2021, l’emendamento inserito è estraneo all’obiettivo originario del provvedimento stesso. Ma c’è di più e sempre sul metodo. I deputati e i senatori, a causa dello spazio residuale concesso alle leggi di iniziativa parlamentare, si servono degli emendamenti ai decreti legge in fase di conversione per recuperare spazi di manovra personale. I dati lo confermano: in questa legislatura (la XIX) sono soltanto 16 i decreti convertiti in legge: come dire tanto fumo per poco arrosto. Ma, tornando all’emendamento inserito nel decreto Pnrr quater, esso vorrebbe dare seguito alla norma contenuta nel secondo comma dell’art. lo 2 della legge 194 che recita: «sulla base di appositi regolamenti o convenzioni, possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita».
L’intenzione potrebbe apparire meritoria se non tenessimo conto del fatto che da un’indagine, condotta un anno fa dal Consiglio nazionale dell’Ordine Assistenti sociali con la collaborazione dei Consigli regionali, si evince che la presenza in Italia dei consultori (1681 consultori pubblici e 170 privati) non corrisponde ai parametri – fissati dal DM 77/2022 – che prevedono 1 consultorio ogni 20.000 abitanti con la possibilità di 1 ogni 10.000 nelle aree interne e rurali – per cui ce ne dovrebbero essere dovrebbero 2943! Ancora: fin dall’origine, la legge 405/75 aveva previsto che i consultori familiari, per raggiungere gli obiettivi assegnati loro per legge, possano prevedere la presenza di équipe multiprofessionali fra le quali anche il ruolo dell’assistente sociale, onde garantire gli interventi diretti alle persone, ma anche il raccordo con le risorse del territorio e con tutti servizi presenti. Ci chiediamo: perché la strada dell’implementazione del personale non è stata seguita preferendo la scorciatoia che, dobbiamo dirlo, serve solo a rinforzare la fisionomia ideologica dell’emendamento proposto che punta più sull’assenza dei costi che sulla necessità di implementare il personale dei consultori.
Ma torniamo all’emendamento. Il padre della 194, Carlo Casini, nel commento alla legge subito dopo la sua approvazione e nel lontano 1978, a proposito del penultimo comma dell’art. 2 scriveva: «Un primo rilievo va fatto sulla circostanza che la legge non prevede una partecipazione indiscriminata dei volontari per i compiti dei consultori, bensì una collaborazione fra questi e “idonee formazioni sociali di base e associazioni di volontariato”. Mentre per le seconde non ci sono dubbi circa la loro identificazione, qualche difficoltà interpretativa sembra proporsi per le prime. […] Nell’un caso o nell’altro […] la collaborazione […] si dovrà subordinare all’effettivo perseguimento dei fini per questi previsti» (C. Casini- F. Cieri, La nuova disciplina dell’aborto, Padova, 1978, p. 60).
Il tema non è nuovo, ma due cose vanno sottolineate: la prima è in un atto della Camera (interrogazione a riposta immediata in commissione 5/05/079) che contiene l’interrogazione e la risposta del governo proprio sull’interpretazione dell’articolo 2 della legge 194 dove si ribadisce, a nome del Governo (on. Vito De Filippo) che la legge 194 del 1978, assume, tra i propri principi cardine, “il riconoscimento del valore sociale della maternità e a tal fine individua, tra le funzioni specifiche dei consultori familiari, quella di contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza. In particolare, essi hanno il compito, in ogni caso, di esaminare le possibili soluzioni dei problemi proposti e di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari, sia durante la gravidanza sia dopo il parto”.
Si potrebbe dire nulla di nuovo sotto il sole se non fosse che e questa è la seconda osservazione, sulla strada di Damasco, molti sono i convertiti tra i quali diamo il benvenuto al ministro Roccella che nel 1974 pubblicava il libro Aborto: facciamolo da noi insieme a tante altre compagne radicali. Meglio tardi che mai e sempre augurandoci che l’emendamento proposto non risponda soltanto a fini ideologici.