Il valore simbolico del ripristino del 4 ottobre come festività nazionale in onore di S. Francesco, ha creato un “pasticcio normativo” sottolineato dal Quirinale in quanto la stessa giornata dal prossimo anno sarà qualificata sia festività nazionale in onore di S. Francesco che solennità civile in onore di Santa Caterina da Siena dato che i due santi verranno celebrati sempre per gli stessi valori e nello stesso giorno, ma con un diverso regime in base al quadro normativo aggiornato”. È vero che nella ricorrenza dell’8^ centenario della morte del poverello di Assisi ricordarne la fede e la spiritualità quale messaggio attuale esula dal valore simbolico connesso, ma ci meraviglia che Caterina da Siena, la donna dell’ardor caritatis, sia entrata nel dibattito soltanto per sottolineare la svista o l’errore in cui è incorso il Parlamento non considerando la differenza sostanziale tra festività (nazionale) e solennità (civile): tra i Santi per fortuna non c’è una graduatoria e non servono questo o quell’interesse. Ci ricorda il dibattito del 2002 che impegnò e divise il Paese per decidere a chi dedicare la nuova festa nazionale (un giorno solo): o il 4 ottobre a San Francesco patrono d’ Italia, o il 19 marzo a San Giuseppe. Quali donne del Cif, che dal 1945 hanno scelto e ricordano Santa Caterina quale loro patrona, non ci appassiona il polverone che l’iniziativa parlamentare ha sollevato. Ci limitiamo a ricordare che San Francesco d’Assisi e Santa Caterina da Siena, italiani ambedue, in tempi straordinariamente difficili, illustrarono, mentre vivevano, con nitido fulgore di opere e di virtù e beneficarono abbondantemente questa loro e nostra Patria, in ogni tempo madre di santi.