Abbiamo bisogno dell’umano

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Una riflessione della Presidente Nazionale sulla tecnica e l'etica rapportate a questo periodo di emergenza sanitaria - Roma, 24 aprile 2020

Tecnica: (solo sing.) applicazione delle conoscenze elaborate dalla scienza a scopi pratici e alla produzione di strumenti per realizzarli (Dizionario di Italiano il Sabatini Coletti)

Etica: insieme di norme morali e di comportamento che un individuo o un gruppo di individui segue nelle proprie azioni (Dizionario Garzanti)

Abbiamo bisogno dell’umano

Alcuni studiosi delle scienze umane e sociali descrivono l’esperienza dettata dal Covid 19 come la prima prova di una “democrazia egualitaria” che il mondo sta sperimentando. Il virus viaggia per “direttissima” facendo il salto di specie, usa aerei ultrasuono per oltrepassare i confini nazionali, colpisce i paesi poveri come quelli ricchi, gli uomini potenti e l’immigrato delle baraccopoli, il giovane in attesa di futuro come l’anziano che sgomitola gli acini del compimento, le grandi città come i borghi, le metropoli americane e i villaggi africani.

Si dibattono ipotesi sui futuri scenari perché unanime è l’opinione che “niente sarà più come prima”. Un mito, che il Covid 19 ha fatto precipitare dall’Olimpo dove sembrava stabilmente insediato, riguarda il potere della “tecnica” sviluppatosi nel XX secoli. Già il filosofo M. Heidegger preconizzava il suo avvento con parole non del tutto rassicuranti: «Ciò che è veramente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo. Di gran lunga più inquietante è che non siamo ancora capaci di raggiungere, attraverso un pensiero meditante, un confronto adeguato con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca» (L’abbandono, 1959). Il filosofo E. Severino si è spinto oltre fino a presagire il futuro dominato dalla tecnica come “il destino dell’uomo” definendo “inconsapevoli” quanti «pensano ancora di rintracciare un’essenza dell’uomo al di là del condizionamento tecnico, […] che vivono la mitologia dell’uomo libero per tutte le scelte, che non esiste se non nei deliri di onnipotenza di quanti continuano a vedere l’uomo al di là delle condizioni reali e concrete della sua esistenza».

I fattori che hanno giocato a favore della previsione riguardante il dominio della tecnica sono stati, almeno ad oggi, essenzialmente due: l’afasia dell’etica cui corrisponde, dal versante della tecnica, la sua forza dovuta all’inesistenza dei fini da realizzare, alla centralità occupata dal raggiungimento dei risultati che non scaturiscono dagli scopi iniziali, bensì dalle risultanze delle sue procedure.
La domanda, imposta dall’emergenza pandemica, cui vogliamo rispondere è questa: di fronte agli scenari che si vanno delineando, che posto occuperà l’etica? Sarà destinata a dichiarare la sua impotenza non potendo impedire alla tecnica di fare quel che può e sa fare?

A detta di alcuni, l’etica non ha strumenti per combattere contro un nemico che pare abbia già vinto. La sconfitta è da attribuirsi al fatto che nell’ultimo scorcio del secolo XX e nei primi decenni di quello presente, sono apparse molte “etiche” elaborate a tavolino sullo sfondo della grande questione del multiculturalismo, questione nevralgica data la pluralità sostanziale caratterizzante il mondo contemporaneo, con tutte le conseguenze, positive ma anche drammaticamente negative, che tale pluralità comporta. Non è fuori luogo la questione epistemologica che rimane sullo sfondo: quali sono le verità davvero salde, che s’impongono a tutti e a ciascuno?

La prima etica ad essere elaborata ed applicata come effetto del pluralismo, è quella “regolativa” dei rapporti tra gli uomini, (laica o religiosa). Considerata alla stregua di una forma particolare di “diplomazia”, l’etica regolativa applica i propri giudizi all’intenzione che muove un’azione piuttosto che al risultato dovendo trovare il punto di mediazione reso possibile nel momento dato.

La necessità di supportare le decisioni etiche comuni di una base razionale, ha determinato il passaggio alla «etica della discussione» che consiste nell’usare, nel corso di un dibattito su questioni etiche, soltanto le norme cui tutti i partecipanti sono interessati, rinunciando ai propri punti di vista, condizionati, questi sì, da scelte ideologiche. L’etica della discussione, come si riconosce al p. 8 del Documento “Alla ricerca di un’etica universale, nuovo sguardo sulla legge naturale, -2008” della Commissione Teologica Internazionale-, è un’etica puramente formale in quanto si limita ad una ricerca di compromesso tralasciando il giudizio sugli orientamenti morali di fondo. Ricordiamo tutti come, nello scorcio del secolo appena trascorso, la discussione sui cosiddetti “temi etici” abbia accresciuto il confronto su posizioni contrapposte che hanno chiamato in campo anche la Corte Costituzionale.
Va da sé che se il dibattito è “vero”, cioè non costruito su posizioni pregiudiziali e precostituite, non può sostituire le convinzioni morali personali: esso le suppone e le arricchisce. Per questo come susseguente si è imposta “l’etica della responsabilità” capace di intervenire con un giudizio più o meno assertivo anche sull’intenzione che è alla base, e muove, le azioni. Max Weber ha evidenziato, (nella parte iniziale della sua opera “Il lavoro intellettuale come professione”), il problema della differenza esistente tra un agire riferito a dei principi ed un agire condotto all’interno di un’etica della responsabilità, che non può prescindere appunto dalla considerazione delle conseguenze di ogni tipo di scelta. Conseguentemente, il problema che anche Weber ha dovuto affrontare è rappresentato dal fatto che un’etica, che si riferisca a dei principi inviolabili/indiscutibili, non può avere nello stesso tempo la pretesa di essere realmente pluralista, dal momento che non può non tener conto della molteplicità dei valori e dei “mondi di vita” esistenti”.

Per questo il ritorno ad una “etica naturale” sembra il passaggio necessario rispetto alle «attuali poste in gioco della questione»”. Così la Commissione Teologica internazionale che, nel Documento sopra richiamato, dichiara di voler «invitare tutti coloro che si interrogano sui fondamenti ultimi dell’etica, come pure dell’ordine giuridico e politico, a considerare le risorse che contiene una presentazione rinnovata della dottrina della legge naturale. Questa afferma in sostanza che le persone e le comunità umane sono capaci, alla luce della ragione, di riconoscere gli orientamenti fondamentali di un agire morale conforme alla natura stessa del soggetto umano e di esprimerlo in modo normativo sotto forma di precetti o di comandamenti. Tali precetti fondamentali, oggettivi e universali, sono chiamati a fondare e ad ispirare l’insieme delle determinazioni morali, giuridiche e politiche che regolano la vita degli uomini e delle società. Essi ne costituiscono un’istanza critica permanente e assicurano la dignità della persona umana di fronte alla fluttuazione delle ideologie» (p. 9).

L’emergenza sanitaria delle nostre strutture dovuta alla crisi pandemica, ci ha costretto a dibattere sullo stretto crinale della vita e della morte avviluppandoci in ragionamenti, in sottili sofismi e distinguo come quello che suona: una vita in cambio di un’altra. La pandemia sfida i nostri sistemi sanitari sul terreno della intangibilità della vita, di ogni vita il cui valore non può essere messo in contrapposizione con un’altra seguendo la valutazione “utilitaristica” che calcola i benefici di curare una persona piuttosto che un’altra.
La tecnica è nuda ed il Covid-19 lo dimostra. Ci siamo affidati alle macchine e non soltanto per l’aiuto, ma ne abbiamo fatto strumenti che guidano le nostre scelte. Per realizzare il vero progresso e, quindi, aprire sempre spazi più ampi alla libertà e alla responsabilità umana, occorre l’iniziativa umana: Perché le macchine non hanno un progetto: possono soltanto replicare se stesse. Riscoprire l’umano che è in noi è il frutto che può nascere dalla solitudine non subita, ma coltivata.
Per questo la situazione creata dal Covid induce tutti a ritornare a riscoprire le risorse dell’etica “naturale” che «afferma in sostanza che le persone e le comunità umane sono capaci, alla luce della ragione, di riconoscere gli orientamenti fondamentali di un agire morale conforme alla natura stessa del soggetto umano e di esprimerlo in modo normativo sotto forma di precetti o di comandamenti. Tali precetti fondamentali, oggettivi e universali, sono chiamati a fondare e ad ispirare l’insieme delle determinazioni morali, giuridiche e politiche che regolano la vita degli uomini e delle società. Essi ne costituiscono un’istanza critica permanente e assicurano la dignità della persona umana di fronte alla fluttuazione delle ideologie. […] essa, fondata sulla ragione comune a tutti gli esseri umani, è la base di collaborazione fra tutti gli uomini di buona volontà, al di là delle loro convinzioni religiose”. (n. 9)».