Non turbiamoci

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Una riflessione della Presidente nazionale dopo essere stata sollecitata ad esprimere una valutazione riguardo la nota della Cei contenente la presa di posizione della Conferenza episcopale sull'ultimo DPCM - Roma, 29 aprile 2020

La nota emessa due giorni fa con la quale la Conferenza episcopale italiana (CEI) commenta la decisione del governo di lasciare sospese le “Messe con popolo” all’inizio dell’imminente “Fase 2” è stata oggetto di molte interpretazioni condotte da differenti punti di vista: alcune molto tranchant sul versante di un giudizio negativo nei confronti della Nota, , altre più possibiliste riguardo alla necessità di trovare una mediazione tra le parti (Chiesa e Stato), altre improntate allo sconcerto dovuto ad effettiva amarezza per quella che sembra una prova di forza tra due ordini “SOVRANI”.
Infatti, nella nota della Cei, dal titolo “Il disaccordo dei vescovi” emanata in tempo reale rispetto alla comunicazione del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, si evoca addirittura la violazione della “libertà di culto”. “I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto – è scritto – Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”.
In sostanza nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia, la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale e richiama quindi «alla presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico” il “dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia»
Fin qui il testo, anche se ridotto alle parti essenziali, commentato nella prima pagina del quotidiano dei Vescovi (Avvenire, 28-04-2020) dalla penna del direttore Marco Tarquinio che, a proposito della decisione del DPCM, parla di: «ferita incomprensibile e ingiustificabile» con il mondo cattolico, al quale sarà «difficile far capire perché, ovviamente in modo saggio e appropriato, si potrà tornare in fabbriche e in un ufficio, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo, andare nei parchi e giardini invece non si potrà partecipare alla Messa domenicale. Una scelta miope e ingiusta».

Cerchiamo, per quello che ci è possibile, di inquadrare i fatti nella cornice che è loro propria: cioè la eccezionalità di una situazione, del tutto nuova e che ha colto il mondo intero impreparato determinando anche nel processo decisionale improvvisazioni, svisamenti di prospettiva, posizionamenti e rettifiche, incertezze nel calibrare la risposta ad una realtà sfuggente che come tutti i virus si annida e colpisce in maniera “vigliacca”.

L’episodio sembra volere riaprire la ferita tra lo Stato Italiano e la Chiesa che credevamo esserci lasciati alle spalle dopo il Concordato del 1984. Ma, ci rendiamo conto che, chi oggi vuole tirare la coperta da una parte o dall’altra, in realtà si richiama ad uno esprit de bataille espressione di una ostilità sorda o verso un potere o verso l’altro che permea ambienti diversi e si esprime in forme oblique verso lo strumento del Concordato considerato inutile e dannoso sia da parte dei sostenitori delle ragioni dello Stato che dai sostenitori del punto di vista della Chiesa.

La domanda è questa: la cittadinanza dei cattolici può essere divisa? I laicisti della prima ora della tempra di J.J. Rousseau affermavano che i cattolici servendo due padroni (Cesare e Dio) sono, per questo, dei potenziali traditori o dell’uno o dell’altro e quindi inaffidabili. Non vogliamo tornare su questa polemica che pure dal punto di vista storico e teologico è a suo modo” affascinante”, ma fermiamoci all’oggi e per cercare di diradare la nebbia e, soprattutto perché la nostra coscienza non sia turbata, riporto un commento apparso su Civiltà Cattolica, 1985, 177 che sembra fare chiarezza su due parti della nota attuale della Cei riferite al “dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa” e al fatto che “l’esercizio della libertà di culto” non può essere compromesso da una decisione dello Stato.

Il primo dei due aspetti citati nella nota, si richiama all’art. 1 del Concordato intitolato “Indipendenti e Sovrani” commentato da Civiltà Cattolica con queste parole: “L’art. 1 riproduce il primo comma dell’art. 7 della Costituzione: “lo Stato e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel suo ordine, indipendenti e sovrani”. […] Nel reciproco rispetto della loro indipendenza e sovranità, Chiesa e Stato s’impegnano alla “reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese”. Come dire che il fine è comune e non concorrente.

Veniamo al secondo aspetto che si riferisce alla Libertas Ecclesiae oggetto dell’art 2 del Concordato richiamata dalla nota attuale della Cei quando adombra che tale libertà sia stata in qualche modo sfiorata dal DPCM del Presidente Conte. Sempre attingendo al commento della Civiltà Cattolica (1985, 179 e 180) leggiamo: “l’ampiezza della missione della Chiesa […] come la promozione umana è parte integrante dell’evangelizzazione”. Significa che vanno assicurati spazi di “manovra” per la sussistenza e per l’opera delle istituzioni ecclesiastiche, ma soprattutto che le norme contenute nel Patto hanno un valore anche pedagogico confermando il detto paolino non est auctoritas nisi a Deo e rammentando ai christifideles laici che Gesù per primo pervenne alla legittimazione con il precetto Caesari quae sunt Caesari.

Stato e Chiesa dunque sì sovrani come scrisse Stefano di Turnaj nel XII secolo in «eadem civitatem, sub eodem rege duo populi sunt, et secundum duos populos duae vitae, secundum duas vitas duo principatus, secundum duos principatus duplex iurisdicionis ordo procedit. Redde singula singulis».

Non turbiamoci dunque e aspettiamo con serena fiducia le decisioni che verranno via via concordate ed emanate consapevoli che il concetto di “salute” comprende sia la “sanità del corpo” che la “salvezza” dell’anima.

Un abbraccio Renata